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Analisi. Titolocrazia: bunga bunga porta voti a Silvio di D. Amenduni

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Come può accadere che una vicenda moralmente deprecabile, al netto di eventuali irregolarità penali da accertare, generi consenso nella persona protagonista della vicenda stessa? Di certo, può succedere solo in Italia. Proviamo a spiegare perché. di DINO AMENDUNI

Nella foto, Dino Amenduni

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di DINO AMENDUNI

Come può accadere che una vicenda moralmente deprecabile, al netto di eventuali irregolarità penali da accertare, generi consenso nella persona protagonista della vicenda stessa?

Di sicuro, può succedere solo in Italia. In nessun’altra democrazia un presidente del Consiglio potrebbe sopravvivere a una tale, ripetuta, serie di slabbrature della sua immagine pubblica. È una questione di credibilità. Nessuno potrebbe fidarsi di chi prende in giro sua moglie, di chi dà le colpe di frodi fiscali ai figli, di chi non nasconde più la necessità di creare una legge per difendersi da processi dove saprà di essere ritenuto colpevole perché sa di aver commesso le irregolarità contestate, di chi ha annunciato 5 Consigli dei ministri in 5 settimane dopo aver incassato la fiducia sui famosi 5 punti celebrandone uno solo, di chi ha promesso la riduzione delle tasse e 16 anni dopo non ha raggiunto l’obiettivo, di chi ha promesso la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina di cui, 16 anni dopo non è stata posta neanche la prima pietra.

La credibilità non ha nulla a che vedere con la procedura penale. È la risposta alla domanda più istintiva e primordiale che una persona pone ad un’altra: “Ti fidi di me?”. Nonostante il 68% degli italiani risponda “No” a questa domanda riferita a Berlusconi, un dato negativo nonostante il sostanziale monopolio televisivo di cui il premier gode (e dunque, nessuna televisione potrà ricostruire artificialmente la fiducia) lui riesce comunque a costruire costantemente nuove fonti di consenso senza portare alcun beneficio alla vita quotidiana degli italiani.

Questi dati però dimostrano un’altra ben più drammatica anomalia: chi si oppone a Berlusconi, lo fa in modo sbagliato dal punto di vista tecnico.

Sbaglia la politica.

Ieri Bersani, commentando l’affaire-Ruby, è riuscito a parlare delle “singolari abitudini” del premier, ovvero dell’aspetto più marginale della vicenda perché ha a che fare sfera privata di ciascuno, un argomento che nulla ha a che vedere con lo stato di salute dell’Italia e che può anche infastidire tutti coloro i quali hanno una propria “legge morale” sul tema della privacy o la difendono strumentalmente per paura di essere scoperti nel fare qualcosa di moralmente discutibile.

Di cosa si sarebbe dovuta occupare l’opposizione?

- dei dati sulla disoccupazione della Banca d’Italia (11%), pubblicato proprio ieri, magari messo accanto ai costi di una sera al sapore di bunga-bunga (5000€, lo stipendio, la cassa integrazione o la pensione di un anno di molti, troppi italiani);

- di sottolineare che l’aspetto più inquietante della vicenda è il quadro simbolico che emerge dai comportamenti privati del premier messi a confronto con la tenuta pubblica e politica della maggioranza che rappresenta. L’idea della donna trattata come carne da macello o comunque come merce avente un cartellino con un costo è incoerente con qualunque riflessione sulle pari opportunità, sulle politiche di genere, sulle leggi sulla famiglia. Un uomo per cui tutto questo è normale non può essere credibile quando legifera su quei temi. Scopo di una buona opposizione è allargare la slabbratura tra parole pubbliche e comportamenti privati, mostrare le contraddizioni. Non è aprire le porte della sua camera da letto, invitando gli italiani a guardarci dentro.

- in assenza di altri argomenti, si doveva discutere delle possibili responsabilità penali della questione: Berlusconi può intrattenersi con chi ritiene, in linea teorica Rudy poteva fare quello che voleva se consenziente, avendo 17 anni (http://it.wikipedia.org/wiki/Et%C3%A0_del_consenso). Il dato da accertare è l’eventualità di una pressione, più o meno diretta, esercitata da un ente pubblico nei confronti di un altro ente pubblico per ottenere la modifica di una disciplina relativa al trattamento di un privato cittadino. Tecnicamente, abuso d’ufficio.

Sbagliano i media ostili al premier.

Giornali e televisioni che intendevano mettere in mostra il decadimento morale generato dalla pubblicità delle condotte private del presidente del Consiglio commettono da tempo un errore strategico gravissimo. Hanno usato e stanno usando tutti i codici linguistici solitamente adottati da Berlusconi per narrare l’Italia.

- Guardate il sito di Repubblica, dell’Espresso, dell’Unità, anche del Corriere della Sera. Ci sono tette e ci sono culi. C’è l’imbarazzante ipocrisia nei confronti di Ruby, una ragazza minorenne che, in quanto tale, desta scalpore all’idea che abbia partecipato a un’orgia con personaggi politici e pubblici, ma la cui condizione non smuove la coscienza degli stessi giornalisti ed analisti che sbattono pezzi cospicui della sua epidermide in prima pagina. Il tema della perdita della credibilità non è certo esclusiva di Berlusconi e se qualcuno vuole sfidarlo sulla morale non può certamente farlo assecondando gli istinti più belluini dell’opinione pubblica, gli stessi che usa lo stesso Berlusconi per creare consenso.

- Da anni si parla di Berlusconi in termini folcloristici. Le corna alle foto ufficiali, la telefonata mentre la Merkel aspettava, il cucù, il kapò, Noemi, Patrizia, il Milan. Non c’è quasi mai la profondità nelle trattazioni. Il problema è sistemico: l’Italia è una titolocrazia, i contenuti degli articoli interessano sempre meno e la frase strillata diventa l’unico vero argomento di interesse dei giornali. Dagospia è la case history di questa mia teoria. Un giornale basato su gossip, rumori spesso smentiti e articoli presi da altri giornali e ripubblicati con titoli scritti in stampatello maiuscolo farciti da offese o caricature. Ma è anche vero che si può uscire da questo circolo vizioso, se solo lo si volesse. Ma non si vuole, e forse non si può. Guardate i 10 articoli più letti di oggi sul Corriere.it. Si parla di Berlusconi, di Ruby, di bunga-bunga, di Avetrana e poco altro. La crisi non c’è, l’opposizione nemmeno, le storie degli italiani non esistono.

Il risultato di questo gigantesco concorso di colpa è la creazione di un modello dell’opinione pubblica in cui il bunga-bunga si trasforma da Caporetto della classe dirigente a strumento generatore di consenso. Come succede tutto questo?

a. Berlusconi è l’Italia. Quanti italiani hanno una condotta privata perfettamente coincidente a quella pubblica? Sicuramente molto meno della somma degli italiani che non ce l’hanno.

Quanti italiani hanno esercitato il loro potere per favorire qualcuno, dal gesto più semplice (una telefonata per una raccomandazione informale, sino ai concorsi truccati nella Pubblica Amministrazione) e, soprattutto, quanti desiderano di essere oggetto di questo genere di spinta? Quanti cattolici praticanti sono separati, divorziati o hanno un amante? Quanti italiani evadono il fisco anche per solo un euro, magari non chiedendo una ricevuta o pagando in nero una prestazione professionale? Quanti italiani parlano male di altri italiani, di clienti, concorrenti, al telefono, in modo più o meno scherzoso? Quanti italiani avrebbero voluto partecipare al bunga-bunga? Quante donne avrebbero voluto ricevere la telefonata di un uomo che le salva da un incidente? Quanti italiani sono distratti o scherzano durante una riunione, anche se molto importante? Quanti italiani scenderebbero a compromessi in cambio di un’auto di lusso o di un pagamento in contanti? Quanti vorrebbero utilizzare soldi e ricchezze pubbliche per favorire le proprie attività private? Quanti italiani aprirebbero una società off-shore? Quanti italiani vorrebbero 20 case? Quanti italiani andrebbero a letto con una procace minorenne consenziente? Quanti italiani parteciperebbero a festini con alcol, droga e belle donne? Quante italiane andrebbero a letto con un uomo di successo in cambio di una remunerazione cospicua e la possibilità di progressioni di carriera significativi e senza fatica?

Fate la somma degli italiani che risponderebbero “io” ad almeno una di queste domande e avrete il pubblico elettorale potenziale di Silvio Berlusconi.

Non tutti questi comportamenti sono uguali, ma è facile comprendere come i meccanismi di identificazione siano più facili per chi ci assomiglia. E dunque Berlusconi, che è la causa e contemporaneamente l’effetto di questo processo, si comporta come gli italiani affinché gli italiani si comportino come lui.

b. Una declinazione di questo macro-fenomeno è la gestione del tema che sta inchiodando l’Italia da anni: la giustizia. È un argomento che, oramai non interessa quasi più a nessuno, ha stancato. A quanti interessa la discussione sul Lodo Alfano, sul legittimo impedimento e sui processi di Berlusconi? Volendo semplificare, prendiamo come riferimento il pubblico di Annozero, il contenuto critico verso il governo più rilevante dal punto di vista del successo. Il programma di Michele Santoro, nei giorni felici, ottiene un pubblico di circa 6 milioni di persone, di cui almeno 5 e mezzo sono elettori. Dunque ci sono circa 42,5 milioni di elettori (il 92,3% dell’elettorato attivo) a cui, a occhio e croce, non interessa l’argomento. È irrilevante nella costruzione delle loro giornate, nella formazione della loro idea di mondo, di giustizia, di equità, di diritto, di bellezza, di ricchezza, di felicità, di benessere.
La stragrande maggioranza degli italiani pensa: “Fateglielo fare, basta che poi si interessa all’Italia (e magari anche a me)” e dunque non si indigna più su questi temi. Anzi, forse si indigna più se l’opposizione perde tempo nel discuterne.

Ecco perchè Berlusconi, come ha dichiarato stamattina, “è orgoglioso del suo stile di vita”. Molti italiani lo sarebbero. La maggioranza, di sicuro.

DINO AMENDUNI


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